mercoledì 16 settembre 2009

Huis Clos (a porte chiuse)

Il cielo. Troppo lontano per giudicare l'effetto della pioggia, per vedere se l'umidità lassù dia fastidio a qualcuno.

Un autobus infilato nel budello stitico di via Chiese è un microcosmo più facilmente osservabile. Senza grosse distrazioni, visto che gli umori evaporati dai suoi abitanti schermano di nebbia i cambiamenti di scena, rendendola immutabile nel suo lento divincolarsi tra le auto.

Ciò che resta è silenzio di voci, e odore di gabbia nervosa.

Una signora di mezza età cerca un pertugio liberando un piccolo varco nella condensa. Rifiuta di esser rinchiusa con noi, vuol forse assicurarsi che là fuori ci sia ancora un mondo. L'inferno delle porte chiuse di Sartre in formato semovente e metropolitano.

Ricordando altri mezzi, mi accorgo che il tanto bistrattato treno ha dalla sua il tragitto maggiore, e la solidarietà che spesso si genera tra i compagni che vi si affidano. Ma un bus a fine orario d'ufficio non ha tempo che per lasciare estreanei. Rari gli sguardi che assomiglino ad un sorriso.

E però ho dentro pensieri positivi sufficienti a smettere i panni del mero osservatore, e cercare di di irradiarli verso l'esterno, a partire da quel mondo più piccolo che la pioggia mi ha regalato. Chissà che qualcuno non risponda.

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